Cos’è e varie tipologie

I progetti LARP di stampo PvE vedono i personaggi giocanti (PG)(1) in qualche modo contrapposti a entitá socio-politiche rappresentate da master e da PNG che possono andare dal semplice gruppo di briganti o goblin, a stati o addirittura a mondi alieni e ostili. La contrapposizione puó essere militare, politica o entrambe le cose. Onde ampliare le possibili interazioni, il gioco PvE prevede una collaborazione tra PG, oppure un antagonismo prevalentemente politico tra questi, che puó sfociare in atti violenti solitamente condannati e quindi repressi dagli stessi presupposti sociali del setting. L’antagonismo e la collaborazione possono intrecciarsi se i PG sono raggruppati in fazioni che a loro volta possono prevedere lotte interne per scalarne i ranghi politici e militari.

L’environment a sua volta può prevedere elementi avversari, PNG(2), divisi in fazioni in lotta anche tra loro. Alcuni environment strutturati su setting di stampo horror, psicologico, investigativo come le atmosfere  “lovecraftiane” possono includere oppositori subdoli, celati alla gente comune e che operano narrativamente in modo da dare una percezione di una loro presenza remota ma incombente e, se ben rappresentata, dalle atmosfere inquietanti e suggestive.

Possono essere considerati PvE collaborativi i progetti “nordic”, sebbene la tipica struttura a one shot autoconclusivi, e la generazione dei PG eseguita dal reparto masteriale e non dai singoli giocatori, con tutti i pro e contro del caso, renda questo interessante e immersivo format una macrocategoria a parte.

I piú diffusi PvE restano tuttavia i progetti di stampo fantasy-medievale, per l’analogia fedele alle tematiche più conosciute del filone narrativo di riferimento, e la rappresentabilità degli stessi in live. A questa tipologia largamente diffusa darò prelazione, avendone creata una e avendo compartecipato a gestirne anche altre. Quanto dirò, tuttavia, può essere valido anche per setting postapocalittici, steampunk, storici e di tanti altri stili meno diffusi.

Strutture di gioco. Environment e ambiti.
Nella infinita variabilità di setting già presenti utilizzabili nel LARP, e di quelli utilizzabili solo previa libera ispirazione o adattamento, sono possibili molte combinazioni tra contesti preordinati di gioco e contesti spontanei. Tra i preordinati possiamo citare: 

  • Fazioni politiche come regni con proprie identità culturali, contrapposti ad altri regni gestiti dalla narrazione, o seguiti di famiglie nobiliari interne ad un singolo regno, in lotta tra loro ma cooperanti contro nemici del regno. 
  • Gilde e corporazioni archetipali (es: Gilda degli Assassini; Guerrieri / Militari; Mercanti, etc) o multiarchetipali, che uniscono personaggi di archetipi differenti ma uniti da obiettivi o visioni comuni.
  • Realtà etnicamente definite come regni formati prevalentemente o unicamente da membri della stessa razza/stirpe/genia. (Es: I clan di Vampires di World of Darkness., i regni elfici e nanici del Signore degli Anelli, Evermeet in Forgotten Realms, etc.)

I contesti “Spontanei” creati dai giocatori attraverso i loro personaggi, come ad esempio i Gruppi di avventurieri che con nomi e finalità spesso altisonanti o fantasiose, racchiudono nel gioco gruppi di persone che solitamente si frequentano nella vita reale e che, nei casi più virtuosi, sono aperti e inclusivi per giocatori e i loro PG conosciuti grazie ai Live. 

Nei Contesti Preordinati di gioco generati dal setting o dalla realtà Masteriale, di solito i vertici sono PNG interpretati dai narratori, mentre negli ambiti di gioco Spontanei i vertici sono gli stessi PG designati FdG(3) o IG(4). E’ possibile anche generare Contesti Ibridati, come gilde, corporazioni o semplici gruppi di avventurieri i cui presupposti sono parte integrante o fondante del format di gioco, quindi impostati a tavolino dalla narrazione, nei quali però ogni dinamica interna viene interamente gestita dai PG, compresa la nomina dei vertici e i processi decisionali interni. (Es: Confraternita degli Assassini in Assasin’s Creed).

Il PvE e il PvP.
La divisione stessa in collaborativi e non, pone evidenza sul fatto che i non collaborativi, se gestiti e giocati in modo plausibile e soprattutto libero, ovvero privi di paletti e schemi railroad imposti dalla narrazione, scaturiscono naturalmente in contenuti e momenti “PvP” (Player versus Player). Ad esempio, eliminare un avversario politico mentre la fazione del personaggio che giochiamo sta fronteggiando la fazione avversa, gestita dalla narrazione, rende il progetto a buon merito appartenente alla categoria dei PvPvE, anche se chi idea e organizza progetti PvE e chi li gioca non sembra considerarlo, al punto da partecipare o organizzare con soddisfazione progetti dichiarati “versus Environment” ignorando apparentemente quanto la componente PvP ne sia logicamente e naturalmente inclusa.

Esempio di una tipica impostazione PvPvE politica sono i live ambientati in Vampires the Masquerade e piú genericamente, nel “Mondo di Tenebra”, a patto però che nella struttura di progetto siano previsti anche gli elementi di environment preclusi ai PG, quali ad esempio il Sabbath o dei cacciatori di vampiri.

Le motivazioni del gioco. Un po’ di psicologia.
Una delle prime cose che un operatore in ambito socio – psicologico deve comprendere e interiorizzare per poter analizzare le situazioni che gli vengono presentate, è che ciascuno di noi non muove nemmeno un muscolo se non pensa di avere un buon motivo per farlo. Le motivazioni “buone” o sufficienti per fare qualcosa possono variare molto. Si va dal semplice diletto frivolo e momentaneo, al compimento di obiettivi di vita per i quali è necessario un progetto sviluppato in una intera vita di lavoro.

Fu uno dei padri della psicologia moderna, Abraham Harold Maslow (Quello della famosissima piramide dei bisogni), che tra le varie teorie proposte e accreditate definì quanto segue:

“L’impulso motivazionale si ha ogni volta che l’individuo avverte un bisogno, che rappresenta la percezione di uno squilibrio tra la situazione attuale e una situazione desiderata. Il bisogno è quindi uno stato di insoddisfazione che spinge l’uomo a procurarsi i mezzi necessari per riuscire a realizzarlo o sublimarlo.” (fonte)


Le motivazioni nel LARP
Questa regola generale si applica naturalmente anche agli attori di un progetto LARP, a prescindere dalla posizione e dal ruolo che rivestono nell’ambito di riferimento. A prescindere, cioè, dal che ne siano direttori o partecipanti.

Se volessimo andare oltre al mero “divertimento” chiedendoci anche quali bisogni soddisfi il LARP caso per caso, potremmo comprendere come strutturare un progetto in modo che sia soddisfacente per un numero di persone quanto più vasto possibile, senza condannare in alcun modo il bisogno soddisfatto che ciascuno di questi percepirebbe nel parteciparvi (5). Questo processo non è certo nuovo. Sono infatti ormai anni che l’industria dell’intrattenimento ha elevato il game design, che fonda le sue basi su studi psicologici e sociologici, a materia socialmente ed economicamente rilevante. 


Se ognuno di noi si ponesse allo specchio la domanda:

“Perchè sento il bisogno di organizzare o di partecipare ad un LARP, oltre al soddisfacimento del mio eventuale bisogno di socializzare e relazionarmi con altri miei simili per interessi e inclinazioni?”

Come risponderemmo?

E se ciascuno di noi rispondesse solo dopo aver letto e interiorizzato non solo i concetti di Maslow, ma anche concetti base della psicologia quali la proiezione e la sublimazione?
Potremmo veramente ridurre il tutto al semplice “perchè mi diverte” senza avvertire una voce interiore che, in profondità, ci suggerisce che in realtà noi stiamo tentando anche di ottemperare a bisogni che altri aspetti della nostra vita non sono in grado di soddisfare allo stesso modo o in modo completo?
Oltre al mero svago, alcuni di noi penserebbero alla soddisfazione dei bisogni di Approvazione, accettazione di sé, autoaffermazione, aggressività, bisogno di riproduzione. Bisogni e pulsioni che attività proiettive quali il teatro interattivo, il LARP, e la ben più psicologicamente utilizzata teatro terapia, sono in grado di sublimare dandoci modo di esprimerci in un ambiente protetto, dove eventuali conseguenze di tale espressione non generano almeno apparentemente contraccolpi afflittivi per la nostra vita “reale” come possono esserlo il rifiuto o l’isolamento sociale.
Tra gli organizzatori e i giocatori, quindi, alcuni potrebbero sentirsi anche affermati e soddisfatti nei loro bisogni ben più profondi del semplice trascorrere una domenica diversa con gli amici, grazie alla pratica del LARP, traendone un beneficio concreto.

Quando le motivazioni profonde di alcuni inquinano il buon gioco.
Applicando quanto fino ad ora trattato al game design, possiamo però intuire che non tutte le motivazioni interiori sono proficue ad ottenere il miglior risultato nel gioco, specie nel momento in cui questi bisogni del giocatore o dell’organizzatore, da sublimare o da proiettare, sfondino la “quarta parete” inquinando l’andamento del gioco.
Il “metaplay”, inteso come confusione tra informazioni e intenzioni del giocatore e del personaggio, trova in questo piano d’azione non solo nuove meccaniche per danneggiare il godimento dell’esperienza ludica, ma diventa un vero e proprio ostacolo alla conduzione di sessioni di gioco al pari di un sabotaggio che, se perpetrato proprio da chi il gioco lo dirige, diventa corrosione di ingranaggi critici e quindi fatale per l’ambito sociale nel quale si sviluppano gioco e progetto.

Sono certo che chi pratica il LARP da un po’ di tempo, in particolar modo quello di stampo “PvE”, potrà ben intuire a cosa mi riferisco. Farò comunque una serie nutrita di esempi di soddisfacimento disfunzionale dei propri bisogni attraverso il gioco, affermando anticipatamente di aver assistito a queste meccaniche in prima persona ben più di una volta in quindici anni. Meccaniche che hanno pesantemente inficiato il mio divertimento come giocatore e che hanno scaturito le riflessioni personali che hanno contribuito in gran parte alla maturazione dell’attuale modalità di gestione dei progetti in The Living Theater per mia mano.

1) Discrasia tra la percezione di un fatto di gioco tra un giocatore e il narratore, a seguito del quale il giocatore che ritiene di aver giocato al meglio delle sue possibilità incolpi il narratore di ostacolarlo per ipotetiche quanto ingiustificate motivazioni personali al di fuori del gioco (Bisogno di soddisfazione frustrato, aggressività, paranoia);

2) Accusa da un giocatore ad un master per aver inquinato l’esito di una giocata per favoritismo verso un altro giocatore premiato (Bisogno di soddisfazione frustrato, paranoia);

3) Un narratore scrive una trama che prevede un unico, ben specifico e definito modo di essere risolta, immaginando la scena della risoluzione e pensando che quel modo piuttosto che altri sia per lui soddisfacente sia per resa scenica che per grado di sfida. Piuttosto che accettare e giustificare altre soluzioni tentate dai giocatori secondo un ragionamento ponderato, darà personalmente suggerimenti attraverso atti di Deus ex machina oppure direttamente tramite indicazioni FdG ai giocatori, risolvendo di fatto la sfida al loro posto. Questo potrà causare frustrazione, ostacolando il loro divertimento e il bisogno di soddisfazione personale (bisogno di soddisfazione personale del narratore che prevarica quello del giocatore, perdendo di vista lo scopo generale di far divertire e intrattenere i giocatori, narcisismo);

4) Il Narratore ignora o valuta insufficienti le azioni del giocatore tesi alla risoluzione di uno stimolo sfidante di gioco, e fa scattare comunque le condizioni afflittive di fallimento senza valorizzare in alcun modo l’impegno profuso dai giocatori (Aggressività, senso di frustrazione nel non vedere soddisfatte le personali valutazioni sul grado di sfida sottoposto ai giocatori);

5) Il giocatore aspira ad ascendere nella gerarchia di un ambito di gioco gestito dalla narrazione e nel farlo cerca inconsciamente di ingraziarsi la narrazione con comportamenti adulatori nella vita reale. Nei casi peggiori (da me subiti), il giocatore tenta di inquinare la gestione politica dell’associazione scalandone la gerarchia per poter così allontanare forzosamente uno o più narratori dal progetto favorendone altri ben disposti verso di lui (Bisogno di autorealizzazione, narcisismo patologico, bisogno di approvazione, aggressività, antisportività);

6) La Narrazione si propone di rappresentare un environment quanto più vario e vasto, ma eccede nell’aspettativa della resa generale, accentrando su di sé ogni PNG importante con il rischio che molti PNG risultino simili tra loro per apparenze e roleplay, oppure eccede nel demandare, investendo giocatori del compito di interpretare PNG fissi di setting importanti, che potranno non essere pienamente informati di ogni cosa, o che potrebbero favorire in qualcosa alcuni giocatori piuttosto che altri, anche per motivi personali (Aspetto complesso, dovuto a molti fattori, a volte anche, ma non solo, a problematiche organizzative non strettamente connesse al meccanismo dei bisogni);

7) Arbitri e narratori non fanno scattare conseguenze afflittive di gioco per i personaggi o i giocatori che hanno commesso gravi errori, per evitare di subire il contraccolpo emotivo e sociale che può prevedere polemiche, maldicenze, scontri e diffamazione sul piano della vita reale e rendendo labile il godimento del progetto per tutti i giocatori a causa della perdita di valore di  regolamento e regole di buon gioco (Bisogno di approvazione sociale, Paura dello scontro);

8) Arbitri e narratori eccedono in punizioni e condizioni afflittive causando frustrazione e malcontento tra i giocatori (Aggressività, percezione di frustrazione personale e mancata approvazione dalla platea di giocatori e conseguente comportamento persecutorio grazie alla posizione di potere);

9) Giocatori e PNG, pur conoscendo il regolamento o essendo tenuti a conoscerlo, ignorano chiamate e danni subiti per non essere abbattuti, non essere sconfitti, non rischiare di perdere il personaggio per la morte di questi (Aggressività, antisportività, proiezione di paura della morte su situazioni di gioco o semplice voglia di vincere a qualsiasi costo, indisposizione al perdere);

10) Giocatori che fondano gruppi di gioco usandoli come strumenti per convergere quanti più spunti di gioco sulla propria persona, in modo da tenere i più interessanti e stimolanti per sé e delegando i meno appetibili ai sottoposti. Il leader di un gruppo di gioco, invece, dovrebbe essere motore di equa distribuzione e catalizzatore del divertimento di tutti i suoi compagni di gruppo, mettendosi anche in alcuni casi da parte per far giocare chi ha scelto di giocare il suo gregario (Bisogno di approvazione, narcisismo, manie di controllo, aspirazioni da leader del branco).

Potrei continuare con molti altri esempi, ma lo scopo dell’articolo non è la denuncia, bensì sottolineare quanto determinate caratteristiche dei progetti classici PvE che interagiscono con nevrosi e debolezze dei singoli, mettano in aperto contrasto e antitesi le figure di organizzatori e giocatori quando costoro si trovino a voler soddisfare bisogni ulteriori e ben più profondi e personali del semplice voler trascorrere del tempo piacevole socializzando.

Conclusioni
Per loro stessa struttura e in base all’osservazione di interazioni sociali intercorse in più di quindici anni di attività, posso affermare che a causa di caratteristiche diffuse e ridondanti, i progetti PvE pongono in una posizione di potenziale contrasto giocatori e organizzatori.

Quando gli organizzatori non si pongono l’obiettivo di far giocare e di soddisfare i giocatori, ma piuttosto sentono il bisogno di soddisfare i propri bisogni occulti e interiori; quando i giocatori non pensano a godersi i momenti di recitazione, ma vedono il gioco come un’arena proiettiva dove poter dimostrare al mondo quanto in realtà siano meritevoli di approvazione e ammirazione al punto da scavalcare chi riveste ruoli dirigenziali del gioco, i meccanismi interpersonali diventano esplosivi innescando effetti dannosi e logoranti per l’atmosfera sociale, demolendo il necessario rapporto di fiducia tra giocatori e realtà masteriali.
Posto che l’analisi psicologica e attitudinale dei partecipanti ad un progetto LARP, tesa a prevenire il concretizzarsi di determinate disfunzioni sociali, non sia alla portata di giocatori e organizzatori, la soluzione percorribile con meno dispendio di energie emotive è quella di disinnescare certe meccaniche sociali eliminando a priori ogni elemento che possa produrle. Ecco alcuni esempi:

La Morte del PG. Tale elemento va eliminato e sostituito con condizioni afflittive alternative, non permanenti, che non incentivino i giocatori a barare e non spaventino i narratori per le conseguenze del doverle comminare. Tipico elemento dei progetti cosiddetti “PvP massivi” dove, non temendo di perdere il personaggio, di troncare quindi tutti i rapporti sociali di gioco e di non dover sostenere i costi dell’equipaggiamento di un nuovo PG, i giocatori giocano più serenamente, rischiando di più e affrontando con più grinta situazioni le quali , in caso di morte, li spingerebbero ad agire in modo tutt’altro che eroico e per motivi non solo IG. Soluzione intermedia adottata da alcuni progetti è la resurrezione, ma sebbene risolva parzialmente il problema, rischia di far diventare la morte una sorta di messa in panchina vissuta come afflittiva del divertimento prodotto dal poter giocare il proprio personaggio. Se troppo difficile, la narrazione sarà spesso fraintesa (“mi vogliono lasciare morto il pg”) se troppo facile, la morte diventerà uno spauracchio ridicolo e la resurrezione una mera formalità burocratica la cui percezione si trasformerà con il tempo in un elemento di gioco simile alla prigione nel monopoly. L’assenza di morte, per esperienza diretta, riduce drasticamente anche l’incidenza di errori volontari nell’applicazione del regolamento di gioco e riduce parimenti le polemiche scaturite da morti ingiuste causate dall’erronea applicazione delle regole. 

Gerarchie interamente decise dai giocatori.
… Con la sola supervisione della narrazione. I giocatori tenderanno a fare comunque metaplay sospettando che certe cariche siano state date più per amicizie FdG che per meriti IG, ma saranno beghe nelle quali la narrazione potrà essere libera di agire come supervisore, non essendo direttamente invischiata. Il gioco che viene generato dai rapporti di forza tra PG ed i loro gruppi può bastare da solo a riempire interi live da taverna, in cui la narrazione potrà limitarsi a lanciare semplici stimoli narrativi di contorno.

PvP politico e generico
L’assenza di morte trasforma il PvP generato spontaneamente come dinamica (6) conseguente alle impostazioni di progetto in un PvP squisitamente politico. Genererà un ambiente ricco di spunti di gioco per i giocatori più navigati e formativo per i più giovani. Quante più interazioni verranno incentivate e saranno generate virtuosamente tra i personaggi giocanti, tanto più sarà sollevata la narrazione dal dovervi figurare come parte attiva, riducendo drasticamente i possibili attriti tra giocatori e narratori – staff nell’atto di interpretare PNG di setting. L’assenza di morte spingerà i personaggi ad affrontarsi anche in modo violento, senza inquinare queste interazioni con le remore FdG a porre fine al gioco di un altro giocatore.

Crescita del personaggio slegata da condizioni di gioco.
E’ prerogativa del gioco di ruolo “tradizionale” che le abilità e i poteri dei personaggi crescano, anche se nei larp continuativi è opportuno che lo facciano lentamente. Subordinare la crescita al giocato va a porre sulle spalle della narrazione un ulteriore carico emotivo, e ad alimentare frizioni sociali dovute a meccanismi psicologici: se il maestro che serve al PG Tizio non c’è mai e entra in scena proprio quando Tizio non poteva essere presente, o era PNG? Perchè Tizio che gioca da tre anni e non aspettava altro che quella giocata, non può godersela a differenza di Caio che gioca da tre mesi ma stava là al momento giusto? Se la lezione che deve tenere il maestro non è ben rappresentata o è troppo scarna rispetto al potere che insegnerà? Il What you see is what you get non è mai un’opzione trascurabile. 

Macrotrama e sottotrame aperte.
Il Railroad è uno stile narrativo comodo, diciamocelo, soprattutto per organizzatori e per giocatori inesperti. Si definisce come deve andare un evento a tavolino, stabilendo a priori che andrà come previsto a prescindere da qualunque cosa possano fare i giocatori. Lecito, anche se a mio avviso non si tratta di un gioco di ruolo, ma di una storia già scritta che i personaggi giocanti leggono dal suo interno anziché da fogli di carta stampata, deresponsabilizzati sul modo di giocare e dalle scelte che faranno. Per rendere il gioco giocabile bisogna operare scelte tendenti al sandbox, esattamente come testimonia la recente ondata di videogames “open world” ed il loro grande successo. Possono esserci una macro trama e delle trame secondarie, ma la prima deve adeguarsi esclusivamente alle scelte che faranno i personaggi di evento in evento, mentre le seconde dovranno prevedere un finale aperto, dove i giocatori saranno pienamente liberi di scegliere come rispondere agli stimoli narrativi contenuti in esse. I narratori dovrebbero comprendere che ogni cosa che fanno, ogni singola parola scritta in una trama, è al servizio del godimento dei giocatori e che questi dovrebbero avere la possibilità di stravolgere ogni cosa estemporaneamente, con una trovata geniale o una scena interpretativa intensa e coinvolgente. Fondamentale per un narratore è quindi l’umiltà di sottomettere il proprio gusto a quello dei giocatori.

Più in generale
La naturale evoluzione dei progetti PvE che tendono a disinnescare elementi di rottura del godimento di gioco scaturisce nel Nordic e nei massivi, dove la narrazione può lasciare liberi i PG di giocare quel che desiderano, quando e come desiderano, senza eccessive ingerenze da un Environment che non agirà come un elemento railroad, fatto di PNG insormontabili o battibili in base alle esigenze di come deve andare la trama. L’idea che i giocatori non si accorgano che “doveva andare così” dovrebbe essere definitivamente abbandonata, accettando che i giocatori sospettano e mal tollerano ingerenze della narrazione anche dove non ve ne  sono. I giocatori desiderano giocare, ovvero agire in un ambiente definito, plasmando quel che possono in virtù della propria soddisfazione personale.
Infine, giungiamo ad una condizione per me fondamentale: la professionalizzazione della figura masteriale, che tende a sostituire i bisogni occulti e personali dei narratori meno consapevoli di sé, con la percezione di un guadagno materiale e tangibile nel fornire un vero e proprio servizio di intrattenimento teatrale e ludico alla platea di giocatori. Un servizio che va corrisposto in modo adeguato.

Autore:
Francesco Anderini

Revisione ed editing:
Andrea Razzino

Note:
1) PG: “Personaggio Giocante”, ovvero controllato da un giocatore.
2) PNG: “Personaggio non giocante”, ovvero un personaggio le cui azioni sono determinate dalla volontà di un regista.
3) FdG: Fuori dal gioco, ovvero che avviene e riguarda la vita nel mondo reale. 
4) IG: In Gioco, ovvero che avviene e riguarda esclusivamente quanto accade nella finzione del gioco.
5) Il giudizio morale ed etico dei soggetti (così come il giudizio in generale) è considerato a buona ragione una pratica irrilevante da chiunque operi nell’ambito psicologico. Non è mia intenzione quindi giudicare o condannare determinati comportamenti o la semplice percezione di certi bisogni, in quanto lecite espressioni della natura umana.
6) Dinamiche e Meccaniche
Le interazioni tra i vari elementi narrativi, di setting e di regolamento generano effetti funzionali che possiamo dividere in dinamiche e meccaniche.

Una “Dinamica” nella strutturazione di un progetto di gioco, è una interazione virtuosa tra uno o più elementi che siano di regolamento, di setting o di provenienza esterna o ambientale, che provocano spontaneamente più interazioni divertenti tra giocatori, di quante ne produrrebbe ciascuno degli elementi presi singolarmente. Interazioni che possono essere volute e previste in sede di progettazione, oppure no.

Una “Meccanica” si presenta ogni volta che uno o più elementi interni o esterni al progetto limitano il ventaglio di scelte possibili del reparto masteriale o dei giocatori, penalizzando il godimento dell’esperienza organizzativa o di gioco. Le meccaniche possono più spesso avere origine da regole mal progettate o poco testate, da decisioni masteriali poco lungimiranti o mirate a ridurre il proprio impegno di tempo richiesto, da problemi di natura socio-psicologica e da abuso di zone di penombra nei documenti di progetto (setting e regolamento).

Libera analisi del LARP Player versus Environment. (PvE)
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